Misticismo - Esoterismo

La Rosa come Simbolo dell'Anima in evoluzione.

La Mistica dell'Anima - Il Nettare della Rosa

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Dio, Teologia, Misticismo, Filosofia, Gnosi, Esoterismo.

giovedì 23 gennaio 2014

SIMBOLOGIA CRISTIANA








Con l'espressione simbolismo religioso si indica l'insieme di segni che, per astrazione, rappresentano e mettono in particolare evidenza aspetti importanti delle religioni.


" LA VERITA' NON E' VENUTA NUDA NEL MONDO, MA E' VENUTA IN SIMBOLI ED IMMAGINI. NON LA SI PUO' AFFERARRE' IN ALTRO MODO ".
(Vangelo di Filippo- Vangelo Gnostico)



SIMBOLOGIA CRISTIANA


VESCICA PISCIS

La vesica piscis o mandorla è un simbolo ottenuto da due cerchi dello stesso raggio, intersecantisi in modo tale che il centro di ogni cerchio si trova sulla circonferenza dell'altro.








Il nome significa letteralmente vescica di pesce in latino.


Conosciuto in India, nell'antica Mesopotamia, in Africa e nelle civiltà asiatiche, esso passa nel Cristianesimo come un riferimento a Cristo, come è evidente nell'ichthys.











Nella successiva elaborazione dell'iconografia cristiana, la mandorla viene associata alla figura del Cristo in Maestà e rappresentata in molti codici miniati, dipinti e sculture del Medioevo.














In tale contesto essa assume una doppia valenza:


* alludendo al frutto della mandorla, e al seme in generale, diventa un chiaro simbolo di Vita e quindi un naturale attributo per Colui che è "Via Verità e Vita".


ANALOGIA DEL SIMBOLO DELL'UTERO E DEL FEMMININO SACRO
















* come intersezione di due cerchi essa rappresenta la comunicazione fra due mondi, due dimensioni diverse, ovvero il piano materiale e quello spirituale, l'umano e il divino. Gesù, il Verbo divino fattosi uomo, diventa il solo Mediatore fra le due realtà, il solo pontefice fra il terrestre e il celeste, e come tale viene rappresentato all'interno dell'intersezione. A conferma di ciò, in alcune miniature del periodo Carolingio e Ottoniano i due cerchi vengono anche rappresentati attorno al Cristo, ma in verticale.



IL RICONOSCIMENTO IN CRISTO

Quando minacciati dai Romani, nei primi secoli dopo Cristo, i Cristiani marcavano posti di riunioni e tombe con il classico segno del pesce e anche per distinguere amici da nemici.



Secondo una storia antica, quando un cristiano incontrava uno straniero per strada, il Cristiano tracciava un arco per terra e se lo straniero completava il disegno con un arco opposto, si identificava anche lui come Cristiano.


IL PESCE RAPPRESENTA INOLTRE L'ERA DEI PESCI (era attuale) IN CUI IL MESSIA DIVINO GESU' DI NAZARET SI INCARNO' IN QUESTO MONDO.



ICHTHYS

Il termine ichthýs è la traslitterazione in caratteri latini della parola in greco antico ἰχϑύς, "pesce", ed è un simbolo religioso del Cristianesimo.











Propriamente, infatti, si definisce ichthýs il simbolo di un pesce stilizzato, formato da due curve che partono da uno stesso punto, a sinistra (la "testa"), e che si incrociano quindi sulla destra (la "coda").


La simbologia cristiana dei tempi delle Persecuzione dei cristiani nell'impero romano (I-IV secolo) è molto ricca.









A causa della diffidenza di cui erano oggetto da parte delle autorità Imperiali, i seguaci di Gesù sentirono l'esigenza di inventare nuovi sistemi di riconoscimento che sancissero la loro appartenenza alla comunità senza destare sospetti tra i pagani.


Risalgono a questo periodo, tra gli altri, i noti simboli del chi-rho e dell'ancora.

In particolare, l'ichthýs è uno dei più antichi simboli cristiani giunti fino a noi.

Le comunità cristiane adottarono questo simbolo probabilmente per rivocare il brano evangelico in cui Gesù si rivolge a Simone dicendogli «μή φοβού ἀπὸ τοῦ νῦν ἀνθρώπους ἔσῃ ζωγρῶν»:


Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini (Lc, 5,10);














come ci rivela Agostino di Ippona nella Città di Dio, inoltre, il termine greco Ἰχϑύς è a sua volta l'acronimo delle parole:


« 'Ιησοῦς Χριστός Θεoῦ Υιός Σωτήρ (Iesùs CHristòs THeù HYiòs Sotèr) »

"GESU' CRISTO SALVATORE FIGLIO DI DIO"



CRISTOGRAMMA


I cristogrammi sono combinazioni di lettere dell'alfabeto greco o latino che formano una abbreviazione del nome di Gesù. Essi vengono tradizionalmente usati come simboli cristiani nella decorazione di edifici, arredi e paramenti.









Alcuni cristogrammi sono nati come semplici abbreviazioni o acronimi, anche se sono diventati successivamente dei monogrammi, cioè dei simboli grafici unitari.

Altri, come il notissimo Chi Rho, sono stati pensati sin dall'inizio come monogrammi.


I principali cristogrammi sono:





* il Titulus crucis INRI, un acronimo ottenuto dalla frase latina Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum, che significa: Gesù Nazareno, re dei giudei.














* il Chi Rho o per antonomasia monogramma di Cristo (nome abbreviato talora in chrismon o crismon). Esso è un monogramma costituito essenzialmente dalla sovrapposizione delle prime due lettere del nome greco di Cristo, X (equivalente a “ch” nell'alfabeto latino) e P (che indica il suono “r”). Alcune altre lettere e simboli sono spesso aggiunti.








* ΙΧΘΥΣ (che letteralmente significa “pesce” in greco) è un acronimo formato con le iniziali della frase greca: “Gesù Cristo, figlio di Dio, salvatore”. Le lettere sono normalmente accompagnate o addirittura sostituite dal disegno (stilizzato) di un pesce.
ICXC è un acronimo ottenuto dalla prima ed ultima lettera delle due parole Gesù e Cristo, scritte secondo l'alfabeto greco (ΙΗΣΟΥΣ ΧΡΙΣΤΟΣ -si noti che la lettera finale sigma viene scritta nella forma lunata che ricorda la lettera latina C). Compare molto spesso sulle icone ortodosse, dove il monogramma può essere diviso: "IC" nella parte sinistra dell'immagine e "XC" nella parte destra. Il tratto orizzontale solitamente sovrascritto alle lettere è un segno paleografico per indicare un'abbreviazione.







* il trigramma di Bernardino da Siena, IHS o Nome di Gesù. È formato da tre lettere del nome greco di Gesù (ΙΗΣΟΥΣ) . Ne esiste anche la variante IHC, sorta per la somiglianza fra la lettera latina “C” e la diffusa forma lunata della lettera greca sigma. Il trigramma era inizialmente una abbreviazione greca, poi venne interpretato come un acrostico latino e spesso arricchito di altri particolari grafici (la croce e il sole) e utilizzato come monogramma. Esso è caratteristico dei cristiani occidentali.


Si osservi inoltre che:

* La lettera X è utilizzata come abbreviazione di Cristo in parole composte inglesi: ad esempio Xmas al posto di Christmas


* Molti altri simboli grafici non contenenti lettere sono stati utilizzati per indicare Gesù. Fra questi ad esempio la Vesica piscis.



IL PELLICANO




".. il nostro pellicano"
(Dante, Paradiso, XXV, 113)

"Pie Pelicane, Jesu Domine"
(Antico canto sacro citato da H. Biedermann)



La Simbologia:


Sembra che l'uccello bianco d'Egitto con questo nome, dal caratteristico lungo becco, nutrendo attraverso un'apertura del collo i suoi piccoli, abbia dato luogo alla leggenda del sacrificio delle proprie carni per la vita dei figli fino a divenire "emblema di carità" (O. Wirth) ovvero di devozione parentale fino al sacrificio.

Più realisticamente, l'incurvare del becco verso il petto per cibare i piccoli con pesci trasportati nella sacca indusse a credere che addirittura l'animale si squarciasse il petto per dare loro nutrimento col proprio sangue.

L'analogia di forme e affilatura del becco e scure, l'assonanza con le parole greche e sanscrite con il significato di ascia (pelekus e paraçu rispettivamente), segno simbolico del sacrificio di sangue, potrebbe far risalire l'origine della leggenda a tempi antichissimi. Il reperimento di sue rappresentazioni in epoche assai diverse, dalla scultura messicana in pietra vulcanica del 600-1000 d.C. ai numerosi riscontri europei non solo medievali, dimostra la sua rilevanza simbolica.



Dal Bestiarum Christianum:

Il pellicano compare solo una volta nell'Antico Testamento (Salmi, 102.7) e non viene mai nominato nei Vangeli. Troppo poco forse per meritare la citazione nel Dizionario delle immagini e dei simboli biblici delle Edizioni Paoline, che non ne riporta alcun cenno.

Si deve soprattutto al Physiologus (II-IV secolo?) - il pellicano è al n°4 del suo inventario - la diffusione della leggenda, in termini alquanto più complessi; narrando della resurrezione dei piccoli (dopo tre giorni) ad opera della madre, che li ha uccisi, vi è l'adattamento diretto alla simbologia di Cristo "che è salito alle altezze della Croce e dal suo fianco aperto sono sgorgati il sangue e l'acqua per la salvezza e la vita eterna".

Oltre a Dante, anche S.Tommaso d'Aquino ("il pio pellicano") usa l'allegoria.


Ulteriori riscontri si trovano in Michael Glychas e in vari "bestiari" medievali, fino alle ultime rivisitazioni del XVIII secolo (cfr stampa a colori dell'epoca pag, 155, L'Arte dorata, A. de Pascalis).

Echi dell'antica credenza si possono ancora trovare in alcuni adornamenti dell'arte religiosa cristiana nei luoghi più vari, come, ad esempio, in un rilievo del Duomo di Münster (1235) e, più vicino a noi, in una statua sul frontone della Chiesa della Maddalena in Castelnuovo Magra.

Un'incisione - affascinante nella sua essenzialità - su un elemento lapideo del cornicione dell'abside della Chiesa di S. Felicita, in località Prelerna nel Comune di Solignano (PR) riproduce con chiarezza il pellicano nell'atteggiamento più classico del becco contro il petto. Probabilmente la pietra è stata riutilizzata dai resti di un antico convento di Gesuati e, quindi, può farsi risalire circa al 1400.

Anche opere di arredo sacro contemporanee a carattere artigianale rappresentano il pellicano (Chiesa di Valletti nel Comune di Varese Ligure).

Un'estensione ermetica della leggenda, attraverso la simbologia della materia humida, che scompare con il calore solare per rinascere d'inverno, ricollega il pellicano al sacrificio di Cristo ed alla sua resurrezione, ma anche a quella di Lazzaro, tanto da accoppiare talora l'immagine del pellicano con quella della fenice. Ciò avviene anche per i Moderni. E. Minguzzi (Alchimia, il cammino della potenza) illustra il mito della Fenice con con la stessa immagine rosicruciana del pellicano impiegata per ben due volte nello stesso testo da O. Wirth (Il simbolismo ermetico) per commentare il significato del pellicano.

Ma i molti figli possono essere scambiati per fiamme...

Peraltro nella Sapientia veterum philosophorum sive doctrina eorundem de summa et universali medicina del XVIII secolo pellicano e fenice compaiono rispettivamente nella figura XXVII e XXVIII per rappresentare exaltatio essentiae e essentia exaltata. Analoga contiguità e consequenzialità si notano fra il pellicano e la fenice, rispettivamente immagini n° 46 e 47 nella decima delle diciassette figure attribuite a J. C. Barchusen (databili tra il 1615 e il 1635) e nella tavola "Basilicae Philosophicae" della "Cosmologia alchemico-rosacruciana sulla visione dell'unità", Museum Hermeticum, Frankfurt a.M., 1677.

Come dice il Fisiologo, dal fianco aperto del Cristo sono sgorgati il sangue e l'acqua per la salvezza eterna. Tale analogia tra piaga del Crocefisso e petto squarciato del pellicano sono stati ripresi anche da Silesius.

Si riscontrano echi anche al di fuori della simbologia religiosa. In letteratura, il mito viene ripreso dal Pulci mentre a Palazzo Ducale di Venezia gli intarsi del capitello della penultima colonna verso il ponte della Paglia rappresentano pellicani. Di tutto ciò ben poco permano in quella che oggi chiamano coscienza collettiva.  Dal



Bestiarium Alchemicum:

Il Bestiario Alchemico offre numerosi riferimenti al pellicano, alcuni dianzi citati, sia per indicare gli strumenti dell'Arte sia per la simbologia delle fasi dell'Opera, sia, ancora, per quella elementale.






Nei simboli alchimici (P. Bornia, La Porta magica di Roma), il Pellicano indica il matraccio, con il caratteristico piede di collegamento alla testa della cucurbita e con il capitello che rientrava con un tubo a becco nella parte inferiore dell'apparecchio (pallone).

Il tubo poteva essere raddoppiato, modificando lo strumento in due palloni comunicanti per ottenere la "circolatio" doppia.

Il Pellicano o Pelicano, serviva dunque nella coobazione di un liquido. Una precisa definizione si trova anche in Alchimia Spirituale di R. Ambelain, ove, per la sua funzione, viene anche chiamato "circolatorio".

Trattasi tuttavia di strumento non comune, certo non impiegato dai soffiatori. Infatti non è rintracciabile nelle immagini pervenuteci dei laboratori alchimisici, quali il disegno di Bruegel il vecchio (1558) e di H. Weiditz (1520), la tela di H. Heerschop (1687), il dipinto di J. Van Der Straet detto Stradanio (1570) nè nelle tavole illustranti la strumentazione chimica antiquaria, nè nella farmacia spagiria (Castel S. Angelo, 1600). Il Wirth spiega il simbolo del pellicano come emblema di generosità assoluta "in mancanza della quale, nell'iniziazione, tutto resterebbe irrimediabilmente vano".

Per altri sarebbe un'immagine delle pietra filosofale che si dissolve per far nascere l'oro dal piombo allo stato fluido, cui corrisponde l'aspirazione non egoistica (il pellicano divora il pesce strettamente necessario alla vita).

Con ciò sono da riconnettere, forse, antichi gradi di società iniziatiche come il cavaliere di pellicano (cfr. H. Biedermann, Enciclopedia dei Simboli), e la sua effige nel Capitolo dei Rosacroce (L. Troisi, Dizionario dell'esoterismo e delle religioni).

Il pellicano compare tra altri simboli nella sintesi dell'Opera illustrata dalla f.92 del Rosarium philosophorum di Arnaldo da Villanova. I Saggi preferiranno meditare sulla figura 6 di J. D. Mylius (Philosophia reformata, Francoforte, 1622), ove un pellicano con i figli è prossimo a un pozzo in cui stanno immergendosi (o da cui stanno fuoriuscendo?) bizzarre figure solari; nello sfondo centri edificati. Esse richiamano al Filosofo il terzo sonetto di Frate Elia (Biblioteca nazionale, manoscritto Magliabechiano, II-III-308 a carte 39)
 "...in humidum ponite ut unidetur optime".

In effetti il pellicano simboleggia anche il Mercurio dei Filosofi, "il solfo precipitato, ovvero il principio dello stato liquido della materia" (G. Testi), ovvero "l'acqua segreta".

Osservazioni conclusive Un panorama vasto di iconografia e di arte, cronologicamente estesa su vari secoli, si richiama all'immagine del pellicano, con simbologie dai molteplici significati.

Uno sguardo più attento sulle vestigia d'arte, non solo sacra, potrebbe far riscoprire al Saggio qualche altro pellicano, rimasto inosservato, strumento di Tradizione.














IL SIMBOLISMO SOLARE ASSOCIATO AL CRISTO

Costantino il Grande, che adottò e diffuse il Chi Rho, lo rappresentò entro un cerchio, forse una corona d'alloro in segno di vittoria; questo cerchio, però, poteva essere interpretato come un simbolo solare.










Secondo alcuni, inoltre, la lettera "chi" è spesso disegnata orizzontale in modo che l'angolo fra le due aste che la compongono alluda all'angolo fra il piano dell'eclittica e il piano dell'equatore celeste.

Anche Bernardino da Siena, che diffuse e promosse il culto del Nome di Gesù, arricchì un simbolo preesistente inscrivendolo all'interno di un disco solare con dodici raggi serpeggianti.


Per questi motivi alcune chiese protestanti, in particolare i restaurazionisti rifiutano questi cristogrammi, ritenendoli eredi di simbologie solari pagane.
Secondo i cattolici e altre confessioni cristiane, invece, il simbolismo solare per indicare Cristo è ben radicato nella Bibbia.

I libri profetici della Bibbia giudaica si concludevano proprio con l'aspettativa di un sole di giustizia:


« la mia giustizia sorgerà come un sole e i suoi raggi porteranno la guarigione...il giorno in cui io manifesterò la mia potenza, voi schiaccerete i malvagi... »
(Libro di Malachia, 3, 20-21)


Questa immagine della giustizia di Dio come un astro splendente risale al Libro di Isaia (Is., 30, 26 e 62, 1) ed è ripreso anche nel Libro della Sapienza (Sap., 5, 6).

L'annuncio dell'arrivo di un sole di giustizia proprio nelle ultime frasi del libro che concludeva la Bibbia ebraica è stata interpretata dai cristiani, ma ovviamente non dagli ebrei, come un annuncio profetico della nascità di Gesù.


Anche il nome Malachia favoriva questa interpretazione; esso infatti non è il nome dell'autore del libro, ma significa angelo, cioè messaggero.












L'identificazione di Gesù con il sole preannunciato dal profeta è implicita già nel primo capitolo del vangelo di Luca (vv. 78-79), in cui San Zaccaria, quando preannuncia che Giovanni Battista andrà "dinanzi al Signore a preparargli la via", profetizza che la misericordia di Dio "ci verrà incontro dall'alto un sole che sorge" ed infatti nel capitolo successivo Gesù è presentato come "luce per illuminare le nazioni" (cfr. Lc., 2, 32).


Anche nel Vangelo di Giovanni il Verbo-Gesù è presentato come "la luce che brilla nelle tenebre" e "la luce vera, quella che illumina ogni uomo" (cfr. Gv. 1,5 e Gv 1,9)










"IO SONO L’ALFA E L’OMEGA, DICE IL SIGNORE DIO, COLUI CHE E’ E CHE VIENE, IL PRINCIPIO E LA FINE, L’ONNIPOTENTE !".
(APOCALISSE 1:8)


La metafora solare, quindi, consiste nel fatto che come il sole illumina la terra, così Cristo illumina le coscienze di tutte le genti.


La luce, inoltre, compare in tutti i racconti biblici di teofania e, in particolare, nel Nuovo Testamento compare nel racconto della Trasfigurazione, durante la quale il volto di Cristo splendeva come il sole (Mt 17, 2).










Questa metafora è stata istituzionalizzata dalla chiesa cristiana nel Simbolo di Nicea (comunemente chiamato Credo), un riassunto della teologia cristiana che tutti i fedeli recitano durante la Messa a partire dall'anno 325.

In esso CRISTO è chiamato LUCE da LUCE, DIO VERO da DIO VERO.










Una seconda metafora solare trae origine dalla Resurrezione di Cristo, analoga al fatto che il sole risorge ogni mattina dalla morte notturna.

In accordo con questa analogia i primi cristiani pregavano in direzione del sole nascente.

Nei primissimi anni della fede cristiana, quando la predicazione si indirizzava verso le sinagoghe della diaspora ebraica, è probabile che i cristiani pregassero in direzione del tempio di Gerusalemme, come gli ebrei.


Quest'uso, però, era incomprensibile ai fedeli d'origine greco-romana e a maggior ragione dopo la distruzione del tempio (nell'anno 70). I cristiani, perciò, posero sulla parete orientale dei propri luoghi cristiani una croce e pregarono in quella direzione.


Per molti secoli le chiese furono costruite con l'abside (su cui era rappresentata la croce e successivamente il Cristo pantocratore) orientata a est.












La preghiera verso la croce nella direzione del sol levante alludeva simultaneamente alla Resurrezione e al definitivo ritorno del Cristo con la Parusia.

Dato che i cristiani pregavano rivolti a oriente e festeggiavano la domenica, il dies solis per i pagani, si diffuse l'opinione che i cristiani adorassero il sole.


Ne parla Tertulliano circa un secolo e mezzo prima di Costantino e afferma che si trattava di un'accusa benevola e verosimile in confronto alle tremende calunnie a cui erano spesso sottoposti i cristiani.





CRISTO & L'ASTROLOGIA


Comunque, il linguaggio immaginifico astrologico biblico non termina col Vecchio Testamento, poiché anche il Nuovo Testamento è un testo astrologico.






Anche se le ammonizioni bibliche e Cristiane contro l’astrologia sono precise ed isteriche, dall’inizio del racconto del vangelo noi incontriamo l’astrologia, poiché i “tre saggi” o “magi” che utilizzarono le stelle per trovare il bambino nella mangiatoia rappresentano gli astrologi.

Di questo evento, Ben Yehoshua dice:

" Si dovrebbe notare che il centro della superstizione astrologica nell’Impero Romano era la città di Tarso in Asia Minore – il luogo da cui venne il leggendario missionario Paolo.
L’idea che una stella speciale avesse annunciato la nascita di Gesù, e che un’eclisse solare sia avvenuta alla sua morte, è tipica della superstizione astrologica di Tarso".



In aggiunta, in Giovanni 14:2 Gesù dice, “Nella casa di mio Padre ci sono molte stanze”, che viene tradotto anche “molte mansioni”. Walker spiega:


"Il significato originale di queste mansioni era “case della luna”, cioè, le costellazioni zodiacali attraverso le quali la Dea Luna passava nella sua rotazione mensile".












Queste “case”, naturalmente, sono anche applicabili nella storia del sole.

Come dice Paolo in 1 Corinti 15:41, rivelando il suo pensiero astroteologico:

“C’è una gloria del sole, e un’altra della luna, e un’altra gloria delle stelle; poiché una stella differisce da un’altra stella nella gloria”.



Nei vangeli, Gesù si riferisce a differenti “età”, che di fatto sono le divisioni che costituiscono la precessione degli equinozi.

Come Mosè fu creato per introdurre nell’era dell’Ariete, così Gesù fu l’Avatar dell’era dei Pesci, che è evidente dall’abbondante rappresentazione del pesce usata in tutto il racconto evangelico.


Questa connessione zodiacale è stata tanto soppressa che la gente con il simbolo del pesce sul posteriore delle loro macchine non hanno alcuna idea di cosa rappresenti, anche se viene detto loro erroneamente che rappresenta “ICHTHYS”, un anagramma per “Gesù Cristo, Figlio di Dio, Salvatore”, essendo ichthys anche la parola Greca per pesce.


I simboli residuali della precedente Era dell’Ariete si possono trovare nelle designazioni di “Agnello” per Gesù, incluso l’”Agnus Dei”, o “Agnello di Dio”.


In aggiunta, Gesù fa menzione della precessione degli equinozi o il cambiamento delle ere quando dice ai discepoli, che chiedono su come preparare per la “pasqua (passover)”, “Ecco, quando sarete entrati nella città, un uomo che porta una brocca d’acqua vi verrà incontro; seguitelo nella casa ove egli entrerà …” (Lk. 22:10)


Questo passo famoso ma enigmatico si riferisce alla “casa” o Era dell’Acquario, il Portatore di Acqua, e Gesù sta istruendo i suoi discepoli di passare oltre dentro di essa.

In aggiunta, la “stanza superiore” ove Gesù manda i suoi discepoli per “preparare” è lo stesso (che le) “camere superiori nei cieli” che si trova in Amos.








Che gli antichi, inclusi i Cristiani, fossero ben consapevoli dell’astrologia e della sua influenza è evidente non solo dai testi canonici biblici ma anche da quelli che non superarono il taglio finale.

Per esempio, l’Epistola non canonica di Barnaba (100-120 D.C. c.) parla di un eone di 2.000 anni, riferendosi chiaramente ad una delle ere equinoziali, e anche l’autore della Prima di Clemente esprime la sua conoscenza di astrologia, come anche il suo amore per essa:


"I cieli sono mossi dalla Sua direzione e Gli obbediscono in pace.
Giorno e notte compiono il ciclo assegnato loro da Lui, senza disturbo reciproco.
Il sole e la luna e le stelle danzanti secondo il Suo incarico circolano in armonia entro i limiti assegnati loro, senza alcuna deviazione laterale. La terra, portando frutto a compimento del Suo volere secondo le sue proprie stagioni, offre il cibo che approvvigiona abbondantemente sia uomini che bestie e tutte le cose viventi che sono su di essa, non fanno discordie, né alterando alcuna cosa che Egli ha decretato".


Infatti, anche i primi “Cristiani”, gli Gnostici, erano astrologi, e i loro testi sono permeati con rappresentazioni astrologiche.

Gli Gnostici svilupparono l’idea vecchia di ere che i corpi celesti rappresentassero guide e livelli attraverso cui l’anima avrebbe dovuto passare dopo la morte, alcune pagando la penitenza in un inferno temporaneo ed altre andando direttamente alla pace o “cielo”.

Come dice Allegro:


"Così per lo gnostico, come per i religionisti in tutto il mondo, i corpi celesti erano imbevuti di divinità e onorati come corpi angelici".









Gli Gnostici conoscevano anche la natura allegorica e astroteologica della “vita di Cristo”, come ammesso dal padre Cristiano Ireneo, e che era alla radice della loro negazione del Cristo “storico”.

Come riferisce Graham:


"Ireneo disse: “Gli Gnostici veramente dichiararono che tutti gli avvenimenti asseriti nei vangeli erano controparti di quello che avvenne in alto".


La rappresentazione astrologica fu la differenza principale tra Gnosticismo e Cristianesimo, e la ragione primaria per cui gli Gnostici furono confutati e i loro testi distrutti o mutilati.


Ci sono molti riferimenti all’astrologia nelle scritture canoniche che non sono chiare quanto quelle esaminate qui.

Quello che è chiaro è che gli Ebrei e i Cristiani non furono più “liberi dall’astrologia” di chiunque tra i loro contemporanei o dei loro predecessori, quantunque detti predecessori, come i Caldei ed i Babilonesi, generalmente furono molto più esperti e gnostici nelle arti astrologiche.

Veramente, Karl Anderson, maestro navigatore e autore di Astrology in the Old Testament, chiama
la Bibbia “(quel)la più grande di tutte le opere astrologiche…”Jordan Maxwell contribuisce:


"La Bibbia non è niente di più che la storia astrologica, astronomica mai raccontata. È strologia pura, basata sullo zodiaco.

Il fatto della questione è, se hai fatto il tuo compito, scoprirai che la Bibbia non è niente più che astroteologia, l’adorazione del cielo di Dio".







L’astrologia non è più “male” di quanto lo sia il cielo ed i corpi celesti, che gli scrittori biblici sostenevano fossero emanazioni divine del Grande Architetto.

La vilificazione dell’astrologia non è solo segno di ignoranza ma anche di bigotteria culturale, insistendo che i suoi aderenti fossero o carenti in saggezza o deviati dal diavolo, poiché l’astrologia è stata apprezzata ed utilizzata in innumerevoli culture tutto intorno al globo.


Gi antichi, infatti, rinnovavano costantemente la rappresentazione dei cieli, una nuova rappresentazione che ad un certo punto fu letteralizzata e canalizzata come storia.


Fonte trafiletto cristo & l'astrologia: http://spiritualrationality.wordpress.com/2007/05/17/astrologia-nel-nuovo-testamento/


" Di nuovo Gesù parlò loro: "Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita".
(GIOVANNI 8:12)





MICHELE P.