Misticismo - Esoterismo

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La Mistica dell'Anima - Il Nettare della Rosa

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Dio, Teologia, Misticismo, Filosofia, Gnosi, Esoterismo.

lunedì 23 gennaio 2012

MOSE' MAIMONIDE E LA GUIDA DEI PERPLESSI








Maimònide (ebr. Mōsheh ben Maimōn; l'abbreviazione con cui è noto, Rambam, è una sigla di Rabbī Mōsheh ben Maimōn; arabo Abū 'Imrān Mūsā b. Maimūn b. 'Abd Allāh).

Filosofo, medico e giurista ebreo (Cordova 1135 - Il Cairo 1204).

Il pensiero di M. rappresenta il più alto livello raggiunto dalla speculazione ebraica medievale.

Nella sua opera Dalāla al-ḥā'irīm ("Guida dei perplessi") M. tende a dimostrare (fondandosi su Aristotele) che non esiste un contrasto tra la filosofia razionale e gli insegnamenti della religione, che possono coesistere in un armonico equilibrio.



VITA


Ancora fanciullo, fu costretto a lasciare la Spagna a causa della persecuzione degli Almohadi: si trasferì prima nell'Africa del Nord, poi in Palestina, infine in Egitto; qui esercitò la medicina, anche alla corte del Saladino, e resse insieme la comunità ebraica del Cairo, che gli conferì il titolo di nāgīd ("principe") degli Ebrei d'Egitto.



OPERE E PENSIERO


Tre sono le opere principali di M.: un commento alla Mishnāh in arabo; un codice di diritto talmudico intitolato Mishnēh Tōrāh ("Seconda Legge"), in ebraico; un'opera filosofica dal titolo originale arabo Dalāla al-ḥā'irīm, tradotto in ebraico con Mōrēh nĕbūkīm ("Guida dei perplessi").







Nel commento alla Mishnāh M. si propone di chiarirne il senso originario e ne indaga i principi storici e dogmatici; particolare importanza hanno le parti sull'etica e la formulazione, nel commento al trattato Sanhedrīn, dei tredici articoli di fede dell'ebraismo.

Nel Mishnēh Tōrāh si ha un compendio sistematico del materiale giuridico contenuto nel Talmud, ottimo per l'esattezza analitica e la vigoria sintetica: è la migliore codificazione talmudica che si possegga.

Nella Guida dei perplessi, infine, M. tende a dimostrare (fondandosi su Aristotele) che non esiste un contrasto tra la filosofia razionale e gli insegnamenti della religione, potendo filosofia e religione combinarsi in armonica unità.


L'esistenza di Dio è dimostrata con gli argomenti, già usati dai filosofi arabi, del motore primo e della distinzione tra necessario e possibile; e inoltre con gli argomenti dell'Essere necessario come premessa di quelli contingenti, e della causa unica.

Dalla tradizione filosofica del neoplatonismo M. trae invece la concezione che Dio è conoscibile all'uomo solo per la via negativa.


La creazione è avvenuta nel tempo e discende agli spiriti puri, agli angeli e alle creature corporee, tra cui solo l'uomo è oggetto di Provvidenza.

La Bibbia può essere interpretata sia letteralmente sia allegoricamente, il che consente di eliminare le eventuali contraddizioni con i risultati della scienza.

Il pensiero di Maimonide rappresenta il più alto livello raggiunto dalla speculazione ebraica medievale.

Le sue opere di medicina (tra l'altro un commentario agli Aforismi di Ippocrate, un Regimen sanitatis, una Ars coeundi, un trattato sui veleni) rivelano una mentalità non dogmatica che talora entra in aperto dissenso con alcune affermazioni di Galeno.


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Maimonide (ebr. Mōsheh ben Maimōn, detto Rambam, sigla di Rabbī Mōsheh ben Maimōn; ar. Abū ‛Imrān Mūsa ben Maymūn ben ‛Abd Allāh, noto ai latini come Mosè Maimonide o Mosè l’Egiziano) Teologo, filosofo, giurista e medico ebreo andaluso (Cordova 1135 - Il Cairo 1204).

Attivo e celebre nella sua comunità soprattutto in quanto giurista, dovette sfuggire alle persecuzioni antiebraiche messe in atto dal dominio almohade in al-Andalus, ripiegando prima in Marocco, a Fez, e poi in Egitto, dove per vivere praticò la medicina.



LA GUIDA DEI PERPLESSI



I temi filosofici e teologici della sua riflessione si rintracciano principalmente in due opere: la Mishnēh Tōrāh («Seconda Legge»), in ebraico, una summa della legge orale rabbinica in 14 libri, la prima parte della quale costituisce il cosiddetto Libro della conoscenza; e la Dalāla al-Ḥā’irīn (trad. it. La guida dei perplessi) redatta verso il 1190 in giudeo-arabo, cioè arabo scritto in caratteri ebraici, e tradotta in ebraico da Shĕmū’ēl ibn Ṭibbōn nel 1204 (con il titolo Mōrēh nĕbūkīm).

Divisa in tre parti (la prima su Dio e i suoi attributi, la seconda sul mondo, la creazione e la rivelazione, la terza sull’uomo, la conoscenza e l’etica), La guida si presenta al contempo come una summa di teologia filosofica e un trattato sul rapporto tra fede e ragione: essa deve infatti guidare i fedeli che, imbattutisi nella filosofia di tradizione aristotelica nonché nella speculazione islamica, restano «perplessi» di fronte ai dati della fede.

L’opera esercitò una certa influenza sul pensiero latino medievale e scatenò intense discussioni in ambito ebraico. Tre sono i temi portanti della riflessione di M.: quello del rapporto tra fede e ragione e quelli – al precedente intimamente legati – della profezia e dell’interpretazione dei testi sacri.


È infatti sulla base della certezza della rivelazione (e sul conseguente concetto di verità rivelata) che M. affronta i temi cruciali della speculazione teologica e filosofica dell’epoca: la creazione, l’esistenza di Dio e la discussione dei suoi attributi, la provvidenza e il rapporto tra creazione, legge e libertà. La discussione di tali temi si costruisce peraltro sempre anche in base alla discussione delle opinioni filosofiche e teologiche precedenti (importante è il confronto con la teologia islamica, il kalā’m).



LA CRITICA DELLA RAGIONE E DI ARISTOTELE

Elemento determinante della riflessione di M. è l’idea di una ragione che solo in quanto consapevole dei propri limiti si dimostra in grado di cogliere l’unica verità, o di tendere a essa.



Questa posizione comporta peraltro un’interessante critica della ragione, e della massima autorità in tale campo: Aristotele.

La ragione e il suo «maestro» sono infatti dichiarati infallibili riguardo a tutto quel che interessa il mondo sublunare, ma il loro potere è ridotto a quello della mera congettura per ciò che concerne il mondo celeste o divino.

È in base a un’autolimitazione della ragione che è possibile indirizzare o qualificare le congetture possibili sul mondo celeste (che mai contraddiranno l’insegnamento biblico): per es., va esclusa ogni teologia positiva a favore della teologia negativa, l’unica che la ragione umana sia in grado di praticare senza errori. Gli attributi di Dio non vengono quindi affermati, ma negati (non si dirà che Dio «è onnisciente», bensì che «non è ignorante», ecc.).

Quando poi la speculazione razionale giunge ad affermare qualcosa di Dio, per es. la coincidenza in Lui tra essenza ed esistenza – come peraltro aveva argomentato Avicenna – l’affermazione è sempre accompagnata dalla consapevolezza dell’impossibilità di coglierne il suo vero significato.

Nel solco della tradizione precedente (soprattutto al-Fārā´bī, in cui M. trova un vero punto di riferimento, e in parte, Avicenna), anche M. vincola la teoria della profezia a quella della conoscenza, individuando nel profeta la perfezione intellettuale dell’uomo (necessaria e tuttavia non sufficiente a determinare la profezia, che dipende come tale sempre dal dono divino).


La conoscenza si realizza grazie a tre elementi, quello divino e attuale dell’intelletto agente, e quelli potenziali e umani: la capacità razionale, sempre più perfezionata, da una parte, e l’immaginazione, dall’altra.


Si individuano così tre classi di sapienti, ossia tre generi di conoscenza: quello perfettamente razionale (dei sapienti o filosofi), quello immaginativo, in cui l’immaginazione è illuminata dal principio agente e che è proprio degli indovini, ma anche dei governanti preveggenti e provvidenti, e quello profetico, in cui sono illuminati a un tempo l’intelletto e l’immaginazione; in questo caso, la verità è non solo colta dalla ragione, ma anche comunicata e comunicabile attraverso i simboli dei sogni e delle profezie.

Un posto a parte va infine riconosciuto a Mosè, il cui messaggio profetico è confermato dai miracoli e da atti dal carattere pubblico e solenne.


Dato il suo carattere di «guida» dell’élite intellettuale ebraica, La guida dei perplessi propone il problema dell’autentico pensiero filosofico di Maimonide.

La critica ha infatti sottolineato come nelle posizioni della Guida non sia sempre possibile distinguere su ciascuno dei vari temi affrontati (per es., eternità del mondo versus creazione) il vero pensiero dell’autore. Il tema della comunicazione della verità e del rapporto tra simbolo religioso e discorso filosofico interessa, d’altronde, M. come Averroè.


Fonte Enciclopedia Treccani

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IL LIBRO "LA GUIDA DEI PERPLESSI"


Mosè Maimonide, filosofo, medico e giurista ebreo, scrisse "La guida dei perplessi" verso il 1180-1190.

Il presente testo non è solo un'opera significativa della filosofia ebraica, ma anche uno dei più importanti testi dell'esegesi biblica medievale.

L'opera nasce da un tentativo di interpretazione della tradizione religiosa, così come si trova nella Bibbia e nel Talmud, in chiave filosofica, nello sforzo di conciliare l'ebraismo con Aristotele, la fede con la ragione.





LA GUIDA DEI PERPLESSI



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MICHELE P.