Misticismo - Esoterismo

La Rosa come Simbolo dell'Anima in evoluzione.

La Mistica dell'Anima - Il Nettare della Rosa

La Mistica dell'Anima - Il Nettare della Rosa
Dio, Teologia, Misticismo, Filosofia, Gnosi, Esoterismo.

mercoledì 29 gennaio 2014

INTRODUZIONE ALLA MERKABAH / MERKAVAH, IL DIVINO CARRO CELESTE di Michele Perrotta



Spezzoni tratti dal saggio La Bibbia Rivelata Vol.2 - Il Corpo di Luce e il Segreto del Fiore della vita di Michele Perrotta:


...Lo scopo di queste difficilissime pratiche cabalistiche, che conducono alla “visione del carro/cocchio” di Ezechiele (Merkavah), sono volte alla contemplazione dell'Eterno e a divenire un tutt’uno con la Sua essenza attraverso un'esperienza diretta.
Tutto ciò è comparabile a dei viaggi per esplorare lo “spazio” interiore, le sfere o le dimensioni astrali.
Queste operazioni di natura mistica sarebbero strettamente legate alla costituzione del Corpo di Luce; non si tratta, quindi, di fenomeni esterni a noi o di veicoli materiali come ad esempio oggetti volanti fisici come sostengono invece gli ufologi, ma si tratterebbe, invece, di un'emanazione di un corpo sottile capace di trasportare la coscienza del mistico nelle differenti sfere del sovrasensibile o nelle diverse dimensioni.
Molti cultori della Paleoastronautica oggi giorno scambiano erroneamente la Merkavah, e analogamente il Kavod, in astronavi aliene guidate da entità extraterrestri, allorchè basterebbe informarsi sulle fonti dei Midrashim (“normali”) o nella letteratura degli Heikhalot, dove i termini che finiscono con la parola Kavod indicano la “Gloria” di Dio come profonda ricerca mistica a cui è chiamato nella ricerca il puro devoto e non navicelle spaziali.

Ma andiamo ad esaminare queste complesse tematiche più dettagliatamente nelle righe che seguono.



INTRODUZIONE ALLA MERKABAH


La Tradizione Sacra e le diverse scuole misteriche chiamano Merkaba (Merkabah),  “Corpo di Luce”, o più esattamente “Corpo di Gloria”, o Merkavah , “Carro Divino” o “Trono di Dio”, un processo interiore che porta il mistico ad ottenere una trasformazione del Sè a seguito di un duro e lunghissimo percorso meditativo e soprattutto operativo, che comporta ad uno sforzo fisico ed emotivo su sé stesso e che è capace di congiungere e rendere in comunione l’Io con Dio.

Tale processo mira alla difficilissima impresa di riuscire a costituire e a manifestare il famoso Corpo di Luce delle tradizioni esoteriche.

Questi insegnamenti, oltre che nell’alchimia medievale, la quale curava molto gli aspetti di matrice esoterica inerenti alla trasformazione delle energie sottili, erano presenti e ben radicati nel mondo giudaico, soprattutto nella Kabbalah, più precisamente nella letteratura denominata  Ma‛ăsēh Merkābāh.    


Molti gruppi mistici, che erano incentrati sull’interpretazione esoterica della “visione del Carro” del profeta Ezechiele (da qui il concetto di Merkavah - “carro celeste”), ereditarono questa conoscenza segreta dagli gnostici greci e persiani i quali a loro volta l’avevano ereditata da una tradizione caldea di origine arcaica sumera.
                                                                                                                                                                  Lo stesso Avraham (Abramo), padre delle tre religioni monoteiste, proveniva da questi luoghi; si dice infatti che fosse di Ur, un’antica città della bassa Mesopotamia.                        

Questa scienza del “Carro Divino”, insegnata esclusivamente nelle scuole misteriche, era sottoposta ad una rigida selezione e, secondo alcune tradizioni, lo studio della “visione del Carro celeste” era proibito a coloro che non avevano ancora compiuto quarant’anni.

Quaranta sono pure gli anni passati da Mosè nel deserto per costituire il “popolo di Dio”, e sono analoghi ai quaranta giorni dell’iniziazione intima di Cristo avvenuta nel deserto narrata nel Vangelo.


Il numero quaranta ha quindi una valenza simbolica non di poco conto all’interno della Sacra Scrittura.  
                                                 
                                                                                                                                                                  Nel mondo ebraico circolano molte leggende su questa antica e segreta dottrina, tra le più curiose vi sarebbe quella secondo cui alcuni discepoli sarebbero impazziti o addirittura rimasti folgorati dalle potenti energie derivanti da questa potente meditazione.


Secondo alcune storie che circolano in ambienti cabalistici diversi apprendisti presero addirittura fuoco nel tentativo di imitare l’ascesa al Trono Divino (Merkavah) del profeta Ezechiele.

Sostanzialmente questi insegnamenti servivano per far un ritorno allo stato spirituale dell’essere dopo la caduta, ovvero prima che l’anima prendesse corpo e divenisse un essere vivente materiale soggetto al giogo del piacere dei sensi, come viene ricordato nell’altro importantissimo libro della Kabbalah: Ma’aseh Bereshit  (“Libro della Creazione”).


Questa conoscenza segreta, oltre che nel misticismo ebraico, in passato era presente all’interno della confraternita degli Esseni. Successivamente questa dottrina mistica fu abbracciata dagli gnostici e, infine, fu adottata dalle diverse scuole misteriche occidentali: alchimisti e confraternite segrete tra cui i Rosa+Croce eredi degli insegnamenti segreti della Radix Davidis.                                                                                                            

Tali segreti, secondo le concezioni delle antiche tradizioni iniziatiche, erano rivelati solo ai meritevoli e ai timorati di Dio.

«Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: “Perché parli loro in parabole?”. Egli rispose: “Perché a voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Così a chi ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha.                                         Per questo parlo loro in parabole: perché pur vedendo non vedono, e pur udendo non odono e non comprendono” ».                                                                                                                               (Matteo 13:10-13)


Questa complessa tematica non è materia per profani (“coloro che sono al di fuori del Tempio”) proprio perché,  da sempre, i mistici siedono al di sopra delle moltitudini.

Continua…


MERKAVAH (IL CARRO O “GLORIA DI DIO”)


La Merkavah o Misticismo del carro, analogamente alla Mer-Ka-Ba, parole egiziane che significano MER (Luce), KA (Spirito) e BA (Corpo), simboleggia il “veicolo” o Corpo di Luce, spesso rappresentato da una stella tetraedro a otto punte, creato per proiettare la coscienza del mistico verso altri mondi e/o altre dimensioni.

Si tratta sostanzialmente di un corpo sottile o mezzo eterico che permetterebbe all’iniziato a questa dottrina segreta di sperimentare la coscienza multidimensionale in totale connessione con il tutto. Con questo nome si fa riferimento anche ad una antica scuola di misticismo ebraico che si focalizzava sulle visioni spirituali del profeta Ezechiele descritte nel primo capitolo del Libro di Ezechiele e della letteratura Hekhalot (vedere la Nota 55 all'interno del nostro saggio), la quale riporta le storie di ascese a “palazzi celesti”.


Ovviamente questi “palazzi” non devono essere intesi letteralmente come costruzioni fisiche poiché, in realtà, sarebbero espressioni simboliche dell’ascesi mistica a più livelli che la coscienza affronterebbe in prima persona in questo complesso viaggio mistico.


Il corpus principale della letteratura Merkabah fu composto in Israele nel periodo che va dal 200 al 700 e.v. (era volgare) ancorché i riferimenti posteriori alla tradizione del “Carro” si possano trovare anche nella letteratura Chassidei Ashkenaz del Medioevo.


Uno dei testi principali di questa tradizione è chiamato Ma’aseh Merkavah (“Opere del Carro”) dove troviamo scritto le seguenti parole:  

«“ Che Tu sia benedetto per sempre sul trono di gloria. Tu che dimori nelle stanze delle Altezze e nel luogo della sublimità. Poiché Tu hai rivelato i misteri e i misteri dei misteri e i segreti e i segreti dei segreti a Mosè e Mosè li ha rivelati a Israele... ”».                                                                          (Maaseh Merkavah, vv. 11-15)  


L’opera del XII secolo La guida dei perplessi di Mosè Maimonide (1135-1204) fu in parte intesa a spiegare i passi del Ma’aseh Bereshit e del Ma’aseh Merkabah.


Nel terzo volume Maimonide inizia l’esposizione dei brani mistici delle dottrine esoteriche presenti nei passi inerenti alla Merkavah giustificando questo “oltrepassare i confini permessi” con allusioni all’istruzione diretta.  In quest’opera Maimonide spiega praticamente i concetti mistici basilari mediante termini che fanno riferimento alle Sfere, agli Elementi e alle Intelligenze.

In questi capitoli tuttavia vi sarebbe ancora ben poco che possa fornire una spiegazione diretta e razionale su questa arcaica scienza esoterica poiché questa resta ancora oggi a tutti gli effetti una dottrina segreta proibita ai profani.

«“Abbiamo spesso citato in questo trattato il principio dei nostri Saggi “non discutere la Merkabah anche in presenza di un solo alunno, eccetto che sia saggio e intelligente; e poi dagli solo i titoli dei capitoli.” Dobbiamo quindi iniziare con l'insegnamento di tali materie in base alla capacità dell'alunno e a due condizioni, in primo luogo, che egli sia saggio, cioè che abbia superato con successo gli studi preliminari e, in secondo luogo, che egli sia intelligente, di talento, lucido e di percezione rapida, cioè “abbia una mente propria", come i nostri saggi definirono” ».                      (La guida dei perplessi, cap. XXXIII)


Continua…


Cubo di Metatron con Fiore della Vita al suo interno (codice della Creazione)

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Seguono alcuni paragrafi tratti dal libro di Gershom Scholem “La Cabala” Ediz. Mediterranee per facilitare il lettore in questa difficilissima tematica:


ESOTERISMO APOCALITTICO E MISTICISMO DELLA MERKABAH


Dal punto di vista cronologico è nella letteratura apocalittica che vediamo apparire per la prima volta idee di carattere specificamente mistico riservate agli eletti. Gli studiosi non sono d’accordo nel ritenere se le origini di questa letteratura siano da ricercare tra i farisei e i loro discepoli o tra gli esseni, ed è possibile che tendenze apocalittiche apparissero negli uni e negli altri.

Sappiamo da Giuseppe che gli esseni possedevano una letteratura di contenuto tanto magico quanto angelologico. Il suo silenzio per quanto concerne le loro idee apocalittiche può essere interpretato come desiderio di nascondere ai lettori pagani questo aspetto dell’ebraismo contemporaneo.


La scoperta delle testimonianze letterarie della setta di Qumran dimostra che queste idee vi avevano trovato ricetto.

Essi possedevano il Libro di Enoch originale, sia in ebraico che in aramaico, benchè molto probabilmente fosse stato composto nel periodo antecedente alla scissione tra i farisei e i membri della setta di Qumran.


In effetti, tradizioni simili a quelle incorporate nel Libro di Enoch pervennero al Giudaismo rabbinico al tempo dei tannaim e degli amoraim, ed è impossibile accertare con precisione il terreno di coltura di questo tipo di tradizione, fino a quando i problemi presentati dalla scoperta degli scritti di Qumran non saranno stati risolti. Il libro di Enoch fu seguito da testi apocalittici fino al tempo dei tannain e, in modi diversi, anche più tardi.

La conoscenza esoterica contenuta in questi libri riguardava non soltanto la rivelazione della fine del tempo e dei suoi terrori, ma anche la struttura del mondo occulto e i suoi abitatori: il cielo, il Giardino dell’Eden, e Gehinnom, gli angeli e gli spiriti maligni, e il fato delle anime in questo mondo occulto. Vi sono poi rivelazioni relative al Trono di Gloria e al suo Occupante, che dovrebbero venire apparentemente identificate con “i meravigliosi segreti” di Dio, menzionati dai Rotoli del Mar Morto.


Qui è possibile stabilire un nesso tra questa letteratura e le tradizioni assai più tarde relative al Ma’aseh Bereshit e al Ma’ashe Merkabah. Non soltanto il contenuto di queste idee è considerato esoterico ma anche i loro autori nascondono la propria individualità e i propri nomi, celandosi dietro personaggi biblici come Enoch, Noè, Abramo, Mosè, Baruch, Daniele, Ezra ed altri. Questa operazione, perfettamente riuscita, ha reso estremamente difficile per noi determinare l’ambiente storico e sociale degli autori.


Tale modello pseudoepigrafico continuò nella tradizione mistica durante i secoli successivi.

La chiara tendenza all’ascetismo quale mezzo per prepararsi alla ricezione della tradizione mistica, già attestata nell’ultimo capitolo del Libro di Enoch, diviene un principio fondamentale per gli apocalittici, gli esseni, e la cerchia dei mistici della Merkabah che li seguirono.

Fin dall’inizio, questo ascetismo pietista suscitò un’opposizione attiva che portò ad abusi e persecuzioni divenuti in seguito fattori caratteristici dell’intera evoluzione storica delle tendenze pietiste (hasidut) nel Giudaismo rabbinico. I misteri del Trono costituiscono qui un tema particolarmente elevato che, in larga misura, stabilì il modello delle prime forme del misticismo ebraico.


Questo non aspirava alla comprensione della vera natura di Dio ma a una percezione del fenomeno del Trono sul suo Carro, quale è descritto nel primo capitolo di Ezechiele, intitolato tradizionalmente Ma’aseh merkabah.

I misteri del mondo del Trono, insieme a quelli della Gloria Divina che vi sono rivelati, sono nella tradizione esoterica ebraica, paralleli alle rivelazioni sul regno del divino nello Gnosticismo.


Il XIV capitolo del Libro di Enoch, che contiene l’esempio più antico di questo tipo di descrizione letteraria, fu la fonte di una lunga tradizione visionaria della descrizione del mondo del Trono e dell’ascesa visionaria ad esso che troviamo nei libri dei mistici della Merkabah.


Oltre alle interpretazioni, alle visioni e alle speculazioni basate sul Ma’aseh merkabah, altre tradizioni esoteriche cominciarono a cristallizzarsi intorno al primo capitolo della Genesi chiamato Ma’aseh Bereshit.

Questi due termini furono successivamente usati per descrivere tali argomenti. Misnah e Talmud (Hag. 2:1, e la corrispondente Gemara nel Talmud babilonese e in quello di Gerusalemme) mostrano che, nel primo secolo dell’era comune, in queste aree esistevano tradizioni esoteriche e vi erano limiti severi alla discussione pubblica di questi argomenti: “La storia della creazione non deve essere esposta dinanzi a due persone, né il capitolo sul Carro dinanzi a una persona, a meno che questi sia un saggio e già abbia una comprensione dell’argomento”.


Le indicazioni esistenti della partecipazione di Johanna b. Zakkai e dei suoi discepoli a questa sorta di esposizione provano che questo esoterismo poteva crescere nel centro stesso del Giudaismo rabbinico in fase di sviluppo e che di conseguenza questo Giudaismo aveva fin dall’inizio un aspetto esoterico particolare.


D’altra parte è possibile che la nascita delle speculazioni gnostiche, non accettate dai rabbini, inducesse molti di loro a procedere con grande cautela e ad adottare un atteggiamento polemico.

Tale atteggiamento è espresso nella continuazione della Misnah citata più sopra: “Chiunque ponderi su quattro cose, meglio sarebbe per lui che non fosse mai venuto al mondo: ciò che vi è sopra, ciò che vi è sotto. Ciò che vi era prima del tempo, ciò che vi sarà dopo”.


Abbiamo qui la proibizione delle stesse speculazioni che sono caratteristiche dello Gnosticismo, così come è definito negli “Estratti dagli scritti dello gnostico Teodoto” (Extraits de Thèodote, a cura di F. Sagnard, 1948, para.78).


In realtà, questa proibizione veniva largamente ignorata, a quanto si può giudicare dalle molte affermazioni di tannaim ed amoraim riguardanti tali argomenti e sparse nel Talmud e nei Midrashim. In cui un’epoca di risveglio spirituale e di profondi rivolgimenti religiosi, sorse nel Giudaismo un gran numero di sette con idee eterodosse, risultanti da una mescolanza di pulsioni interiori e di influenze esterne.


Che esistessero o meno sette gnostiche alla periferia dell’Ebraismo prima dell’avvento del Cristianesimo è oggetto di congetture ma non vi è dubbio che esistevano minim (“eretici”) nel periodo tannaitico e soprattutto nel terzo e nel quarto secolo. In questo periodo una setta gnostica ebraica con nette tendenze antinomistiche era attiva a Sepphoris.


Vi erano inoltre, ovviamente, gruppi intermedi dai quali i membri di queste sette acquisivano una vasta conoscenza del materiale teologico sul Ma’aseh beresit e sul Ma’aseh merkabah e tra questi devono essere inclusi gli Ofiti (adoratori del serpente) che erano sostanzialmente più ebrei che cristiani.


Da questa fonte, una massa considerevole di tradizioni esoteriche venne trasmessa agli gnostici al di fuori del Giudaismo, i cui libri, molti dei quali sono stati scoperti nel nostro tempo, sono pieni di tale materiale che si trova non soltanto in testi greci e copti del II e del III secolo ma anche negli strati più antichi della letteratura mandaica, scritta in aramaico colloquiale.

Nonostante tutte le profonde differenze nel punto di vista teologico, lo sviluppo del misticismo della Merkabah tra i rabbini costituisce una concomitante ebraica della Gnosi, e può venire chiamato “Gnosticismo ebraico e rabbinico”.


In questi ambienti le idee teosofiche e le rivelazioni ad esse collegate si ramificano in molte direzioni, e quindi è impossibile parlare di un unico sistema. Fu creata inoltre una particolare terminologia mistica. In parte, essa si riflette nelle fonti del Midrashim “normali” mentre in parte è limitata alle fonti letterarie dei mistici: la letteratura dei heikhalot e del ma’aseh bereshit.

Verbi come histakkel, zafah, iyyen, e higgi’s hanno significati specifici, e così pure i sostantivi come ha-kavod, ha-kavod ha-gadol, ha-kavod ha-nistar, mara di-revuta, yozer bereshit, heikhalot, hadrei merkabah e altri.


Particolarmente importante è l’uso consacrato del termine Kavod (“gloria”), quale nome per indicare Dio come oggetto d’una profonda ricerca mistica (e non come un mezzo volante, UFO, n.d.a.), nonché l’area generale della ricerca teosofica.


Questo termine acquisisce un significato specifico, distinto dal suo uso scritturale, già nel Libro di Tobit e alla fine del Libro di Enoch, e continua a venire usato in questo modo nella letteratura apocalittica.

Per contrasto, l’uso della parola sod (“mistero”) in questo contesto era relativamente raro, e divenne generale soltanto nel Medioevo, mentre nei testi antecedenti viene usato più spesso raz (“segreto”). La terminologia della Merkabah si trova in un frammento d’inno nei Rotoli del Mar Morto, dove gli angeli lodano “l’immagine del Trono del Carro” (Strugnell).


I membri della setta univano idee relative al canto degli angeli che stanno dinanzi al Carro, ad altre idee sui nomi e sui doveri degli angeli: e tutto questo è comune alla setta di Qumran e alle successive tradizioni del ma’aseh merkabah.


Fin dall’inizio, queste tradizioni erano circonfuse da un alone di particolare santità.


L’aggadah talmudica collega l’esposizione della Merkabah alla discesa del fuoco del cielo, che circonda colui che effettua l’esposizione. Nella letteratura dei heikhalot sono usate altre espressioni più ardite per descrivere il carattere emotivo ed estatico di queste esperienze.

                                                                                      


Distinta dall’esposizione della Merkabah, che i rabbini davano durante la permanenza sulla terra, vi era la contemplazione estatica della Merkabah, un’esperienza compiuta come in un’ascesa ai cieli, cioè la “discesa alla Merkabah”, tramite l’entrata nel Pardes (“Paradiso” - di questo segreto cabbalistico ne parliamo nel primo volume del nostro saggio La Bibbia Rivelata - Iniziazione al Linguaggio esoterico della Sacra Scrittura).


Questa non era soggetta all’esposizione e all’interpretazione, bensì alla visione e all’esperienza personale.

La transizione, che ancora una volta collega la rivelazione dalla Merkabah alla tradizione apocalittica, è menzionata dal Talmud accanto alle tradizioni esegetiche (Hag.14b). Riguarda i quattro saggi che “entrarono nel pardes”.


Il loro fato dimostra che qui ci troviamo di fronte ad esperienze spirituali raggiunte mediante la contemplazione e l’estasi. Simeon b. Azzai “guardò e morì”; Ben Zoma “guardò e fu colpito” (mentalmente); Elisha b. Avuyah, chiamato aher (“altro”), dimenticò il Giudaismo rabbinico e “tagliò i germogli”, diventando apparentemente uno gnostico dualista; solo R. Akiva “entrò in pace e discese in pace”, oppure secondo un’altra lettura, “ascese in pace e discese in pace”.


Quindi R. Akiva, una figura centrale nel mondo del Giudaismo rabinico, è anche il legittimo rappresentante di un misticismo nell’ambito dei suoi confini.

(Per maggiori Info su Rabbi Akiva:
http://lamisticadellanima.blogspot.it/2014/01/rabbi-akiva-e-shimon-bar-yochai.html).


Apparentemente, è per questo che Akiva e Ishmael, che era il suo compagno ed anche il suo avversario nelle questioni halakhiche, furono le colonne centrali e i principali portavoce nella successiva letteratura pseudoepigrafica dedicata ai misteri della Merkabah.


Inoltre, il sorprendente carattere halakhico di questa letteratura dimostra che i suoi autori avevano solide radici nella tradizione halakhica e non nutrivano opinioni eterodosse.

Negli ambienti mistici furono stabilite particolari condizioni per coloro che venivano ritenuti idonei ad essere iniziati alle dottrine e alle attività incluse in questi campi.


Gli insegnamenti fondamentali venivano comunicati “in un sussurro” (Hag.13b; Bereshit Rabbah, a cura di Theodor Albeck (1965), 19-20). Le condizioni più antiche che governano la scelta degli idonei erano di due tipi. Nella Gemara (Hag.13b) venivano formulate condizioni sostanzialmente intellettuali, oltre ai limiti di età (“allo stadio mediano della vita”); e nella prima parte di Heikhalot Rabbati sono enumerate certe qualità motali richieste nell’iniziato.


Oltre a questo, a partire dal III e IV secolo, secondo Sherira Gaon (Ozar ha-Ge’onim a Hagigah (1931), Teshuvot, n.12, p.8) vengono usati metodi esteriori di valutazione, basati sulla fisiognomica e sulla chiromanzia (hakkarat panim ve-sidrei sirtutin). Seder Eliyahu Rabbah, capitolo 29, cita una baraita aramaica dei mistici della Merkabah sull’argomento della fisiognosmica.


Il frammento di un’altra baraita, scritta in ebraico con il nome di R. Ishmael, è stato conservato, e non vi è dubbio che facesse parte della letteratura della Merkabah.

Lo stile e il contenuto provano che risale a una data antica (un altro frammento Genizah fu pubblicato da I. Gruenwald).  


Leggi anche questo argomento:
http://lamisticadellanima.blogspot.it/2014/01/tempio-esteriore-e-tempio-interiore-di.html


Continua…




Per approfondire questi argomenti:

La Bibbia Rivelata Vol.1 - Iniziazione al linguaggio esoterico della Sacra Scrittura:
https://www.macrolibrarsi.it/libri/__la-bibbia-rivelata-vol-i-libro.php


La Bibbia Rivelata Vol.2 - Il Corpo di Luce e il Segreto del Fiore della Vita:
https://www.macrolibrarsi.it/libri/__la-bibbia-rivelata-vol-ii-libro.php

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«Ci fu un rumore al di sopra del firmamento che era sulle loro teste. Sopra il firmamento che era sulle loro teste apparve come una pietra di zaffìro in forma di trono e su questa specie di trono, in alto, una figura dalle sembianze umane. Da ciò che sembrava essere dai fianchi in su, mi apparve splendido come l’elettro e da ciò che sembrava dai fianchi in giù, mi apparve come di fuoco.
Era circondato da uno splendore il cui aspetto era simile a quello dell’arcobaleno nelle nubi in un giorno di pioggia. Tale mi apparve l’aspetto della gloria del Signore.
Quando la vidi, caddi con la faccia a terra e udii la voce di uno che parlava».
(Ezechiele 1:25-28)

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MICHELE P.